Le
possibilità sono due: o l'altra sera al cinema c'era una casuale
massiccia concentrazione di raffreddati, o metà della sala stava già
singhiozzando a
meno di metà film.
D'altronde
questa storia prometteva lacrime sin dal trailer
(che tuttavia non c'entra nulla col film... strano, vero?) e io
stessa mi aspettavo quella tipica enfatizzazione del dramma per fini
più commerciali che narrativi, invece sono stata felice di potermi
ricredere, soprattutto per quanto riguarda la sua prima metà.
Tratto
da un fatto realmente
accaduto Lion
parla di Saroo, bambino indiano che una trentina di anni fa viveva in
povertà in una piccola cittadina, con la madre, una sorellina e un
fratello maggiore. Una
notte, seguendo il
fratello che esce per cercare di guadagnare qualcosa, gli succede di
addormentarsi dentro un treno che di lì a poco sarebbe partito.
Saroo si ritrova a Calcutta, ad alcuni giorni di viaggio da casa sua
e dove nessuno parla la sua lingua.
Tutto
il primo tempo lo
passiamo con Saroo bimbo, smarrito e spaventato. Il regista lo
racconta dal suo punto di vista, con la camera spesso ad altezza
bambino a
mostrarti come grande
diventi grandissimo
e cattivo
sia tragicamente
incomprensibile
quando sei piccolo.
Saroo
era piccolo in ogni senso. Il dramma
è che lo spettatore lo sa meglio del minuscolo protagonista quali
mostri lo inseguono. (e qui le lacrime di cui sopra)
Questa
prima parte è un racconto cinematografico bello e genuino, la musica
è l'unica cosa che ho trovato un po' troppo enfatica. Anche il
passaggio alla seconda
parte è ben costruito, in effetti.
Il bimbo, anche se molto più tardi di quando avrebbe dovuto, trova
finalmente l'aiuto di un adulto e la sua vita ricomincia in una
famiglia adottiva, in Australia. Qui anche la
fotografia (candidata
all'oscar) si tinge di colori diversi, perché il mondo che deve
raccontare è lontano, sempre più lontano dalla casa d'origine di
Saroo. È in quel mondo che il bambino cresce e comincia a smettere
di pensare a tutto ciò che ha passato.
Entrando
poi nella seconda parte
del film tutto diventa
meno compatto e più diluito. Sono passati vent'anni dall'adozione e
ora Saroo è grande e cerca la sua strada nel mondo, ma quel suo
passato irrisolto e ingombrante, anche se quasi dimenticato, lo porta
inevitabilmente ad un vicolo cieco. Solo riuscendo a tornare indietro
potrà infine andare avanti.
Qui
la sceneggiatura
(candidata all'oscar) avrebbe potuto sfruttare due o tre tematiche
davvero interessanti e
che avrebbero fatto da chiosa perfetta a quell'inizio racconto.
Invece preferisce inserire nuovi temi, che però vengono diluiti
anziché delineati con lo stesso carattere che ha la prima parte:
come la relazione con la fidanzata (importante, ma annacquata) o la
ricerca con Google Earth per ritrovare casa.
Eppure,
come dicevo, di temi forti ne erano già stati messi in tavola
parecchi. Uno su tutti quello dell'adozione,
raccontato attraverso la figura della madre australiana, un
personaggio complesso interpretato da una sempre perfetta NicoleKidman (candidata
all'oscar) che hanno però ridotto a poche apparizioni. Sono solo
alcune brevi scene, ma sufficienti a farmi capire che quella mamma
era una parte importante della storia. Quella mamma che me ne ha
tanto ricordata un'altra apparsa di recente sul grande schermo: la
linguista di Arrival.
Sono
due donne che hanno fede nel loro futuro, conoscono la strada che le attende
e sanno che il percorso sarà duro, ma è il loro percorso, solo così
saranno in pace e conosceranno la bellezza della vita; solo
abbandonandovisi e scegliendola comunque.
Me lo aspettavo anch'io più stucchevole, più strappalacrime, e invece mi è piaciuto. Mi ha commosso, sì, ma era giusto e inevitabile dato una storia così miracolosa, così necessaria. Resterà a bocca asciutta, ma bravi, tutti. :)
RispondiEliminaSì forse non vincerà nulla, ma Nicole Kidman per me è spettacolare (non era un ruolo facile e nemmeno il suo solito.. però non ho ancora visto nessuna delle interpretazioni in competizione con la sua
EliminaInaspettatamente mi è piaciuto tantissimo, la prima parte è veramente ben fatta, interamente giocata sull'espressività del pargoletto. La seconda l'ho trovata un po' più banale e strascicata e sì, anche io avrei preferito una presenza più sostanziosa della Kidman, davvero toccante. Per inciso, ho pianto anche io come una demente, all'inizio e alla fine e ti dirò di più: hanno pianto anche le mie colleghe quando ieri ho fatto il "cineracconto" al lavoro XD
RispondiEliminaAllora siamo sulla stessa lunghezza d'onda! Addirittura hanno pianto al solo racconto? Bhe è indubbiamente una storia commovente
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