domenica 30 aprile 2017

Due parole su Guardiani della Galassia Vol. 2: spacca i cuBi o no?


Sì, il film spacca i cubi!
(censored by Rocket Raccoon)

Ditemi voi, cosa c'è di meglio di una sala piena che ride di gusto?
Per di più a siparietti targati Disney, il che significa che la volgarità è off-limits, l'accesso alla zona risate facili è severamente proibito.

Il cinema offre anche questo a chi sceglie di concederselo: intrattenimento bonaccione, chiassoso, egocentrico, ma anche abbastanza intelligente, giustamente folle (unico modo per avere qualcosa di nuovo da dire) in uno stile amabilmente ironico e canzonatorio nei confronti di quei toni epici che più spesso contraddistinguono i film di supereroi.

Questo Guardiani della galassia trova la sua forza, ancor più del primo, nelle esplicite diversità dei personaggi in contrasto con un desiderio profondo di aiutarsi a vicenda. Il legame che li tiene insieme e che li rende forti è ora radicato anche se non sempre maturo: ciò li rende una vera e propria famiglia e l'importante in questi casi è sapersi riconoscere come tale.
In questo aspetto mi ha ricordato molto i toni de Gli incredibili, ve lo ricordate? Insomma, non si può certo dire che la Disney abbia limitato i film Marvel.
Per più cupezza e un pizzico di amoralità abbiamo visto con Logan che potrebbe sopperire la Fox.

Questo film gioca molto bene tutte le sue carte vincenti.
Baby Groot è la dolcezza e Drax l'anima della festa.


Tuttavia il ritmo è decisamente altalenante, non tanto da annoiarsi se si riesce ad apprezzare il resto, ma non si può negare che a questo film sarebbe servito un buon lavoro di lima. In fondo la lunghezza è eccessiva e qualche scena in meno non avrebbe fatto male.

Io mi sono divertita comunque e, lo ribadisco, chi mai lo disprezzerebbe un po' di spensierato e sano divertirsi? 

 

martedì 11 aprile 2017

13 reasons why - Non ho più speranza, ho sempre la vita

Nuovo capitolo della rubrica #colpaDiNETFLIX

Quando un film è molto amato o molto odiato generalmente faccio un sacco di giretti virtuali per farmi un'idea di cosa ne pensa la maggior parte dei sui fruitori. Tanto che quando arrivo a parlarne a volte vorrei discutere più di come è stato visto dagli altri che di come l'ho visto realmente io. C'è qualquadra che non cosa, direte giustamente voi.
Da questo punto di vista fu eclatante il caso Inside Out. Nel complesso poteva quasi risultare che non mi fosse piaciuto e invece il punto era che avevo sentito solo lodi e lodi al suo contenuto così fortemente filosofico e mi sembrava così fortemente esagerato che il mio commento partiva già in conflitto con quell'idea, ma questo non significa che il film in sé non mi avesse colpito. Molto bellino sì, ma nella mia testa per tutt'altre ragioni.
Uguale accade ora per questo 13 reasons why. Per cui mi vien da dire solo una cosa “Fuggite... sciocchi!” Fuggite dal mio commento finché siete in tempo.
Si da il caso che nelle mie peregrinazioni virtuali in cerca dell'opinione più diffusa io abbia sentito praticamente solo una cosa: “questa serie ti cambia” “dovrebbe essere vista nelle scuole” Da cui deduco che per i più il contenuto di questa serie sia fortemente educativo e possa insegnare cose a dei giovani ragazzi.
Per quanto il tema dell'educazione mi stia molto a cuore ho le idee abbastanza confuse a riguardo. Non ho risposte, ho solo domande, impressioni, esperienze.

sabato 1 aprile 2017

#colpaDiNETFLIX || Dirk Gently – Agenzia investigativa olistica

Genti tutte,
apriamo un nuovo capitolo di questo blog.


É colpa di Netflix se ora pure io guardo le serie TV.
Ormai sono mesi che ce l'ho e penso che sia venuto il momento di parlare di tante cosettine carine che vi si possono trovare su, serie TV sì, ma anche film da recuperare.
Non vi ho mai parlato di serie TV fino ad oggi ed effettivamente io sono quel che possiamo definire una abbandonatrice seriale di serie TV.
Al limite a volte mi sforzo di leggere nell'internet come andranno a finire prima di abbandonarle del tutto. Cosa che poi è diventata una caccia al tesoro da quando il mondo è ossessionata dallo spoiler.
Voglio dire, non ho forse il diritto di sapere anch'io quanti personaggi muoiono e quanti risorgono nei prossimi episodi?

Insomma, per i non appassionati di serie la vita è grama!

Prima o poi costituirò la DDDDDDDDDBW (ovvero la Divisione in Difesa Dei Denigrati Diritti Dei Disadattati Detrattori Del Binge Watching)
Comunque le cose stanno un po' cambiando da quando ho Netflix, perché in fondo devo solo cercare di capire quale sia il mio tipo ideale. Posso farcela, posso anch'io essere fedele a uno show!
Diciamo che forse forse ci sto arrivando.
C'è della bella robina su Netflix e soprattutto è fruibile in maniera agevolissima.

Per cui partiamo subito a parlarne con una serie che ho appena finito:

Dirk Gently
Cos'è?

giovedì 30 marzo 2017

Due parole su La cura dal benessere


Due parole su La cura dal benessere.
 
Sarò inizialmente letterale: non guardatelo.

Non fatevi ingannare dalle immagini promozionali e dal titolo, perché non è nulla di quello che lascia credere. Non mi abbasso nemmeno a dire quanto sia inconsistente la storia, quanto sia pretenziosa la lunghezza, quanto sia fatto male anche solo lo strato che dovrebbe dare inquietudine, soprattutto nella seconda parte di film. 
 
Questo film è quello che possiamo tranquillamente definire la masturbazione mentale di una mente dalla misera immaginazione, miserrima anzi.

Dedico due parole anche al mio accompagnatore, che tanto non mi legge: io te l'avevo detto! (la soddisfazione di dire “te l'avevo detto” non mi fa dimenticare che ho buttato 5 euro e 50)

Se voi ci avete trovato invece qualcosa di bello o significativo scrivete qui sotto, parliamone! Sono curiosa e non mi va di liquidare nessun film in così poche argomentazioni, ma proprio non le vale...

 

domenica 26 marzo 2017

La Bella e la Bestia è un film inutile?

'' Non ballavo da anni,
avevo quasi dimenticato la sensazione. ''
C'è una scena che tutti bene o male conoscono de La Bella e la Bestia, quella del ballo nel salone vuoto, Mrs Brick che canta e a finire sul terrazzo.
Il ballo è per i due personaggi simbolo di una grazia ritrovata nello stare insieme, il ballo è qualcosa che si può fare solo se si è un sistema armonioso, attenti all'altro e al proprio corpo.
Ma il ballo è anche lasciarsi andare, lasciarsi guidare da una musica, liberarsi della rigidità della mente solo per un po'.
Ora io chiederei questo a tutti quelli che hanno avuto dei dubbi sull'utilità del remake Disney di La Bella e la Bestia: quand'è stata l'ultima volta che vi siete lasciati andare? L'ultima volta che vi siete fatti guidare solo da un ricordo e avete lasciato che riempisse qualche piccolo vuoto con la sua presenza?
Vi ricordate la sensazione?
Ecco, è per questo che il live action de La Bella e la Bestia non è un film inutile. Se non siete riusciti a lasciarvici andare è un altro discorso, o una questione di gusto, ma questa campana dell'inutilità che continua a suonare contro la Disney è un po' una fesseria.
Ok, ma passiamo al film.

Consigli per la serata: Robin Williams

venerdì 24 marzo 2017

Consigli per la serata: amore all'inglese, famigliare o pazzo e stupido

#staserainTV


~ Un matrimonio all'inglese ~ 
Io stasera consiglio questo film ma, che poi non si dica che non vi avevo avvisato, non è una commedia da tutti i palati. Se non apprezzate il macabro così detto umorismo inglese, non apprezzerete questa piccola chicca.
Un ottimo cast, splendidamente diretto!
Una trama da commedia, ma con risvolti da dramma.
Rampollo di una borghesissima famiglia inglese degli anni '30 porta a casa dai suoi la sua nuova moglie americana conosciuta in vacanza. Gli equivoci, lo scompiglio e le trappole tese alla virtù altrui per farla crollare, faranno saltare, anche se solo per un momento, qualche maschera.

Rai Movie h 21:20



Per i palati schizzinosi, quelli che non apprezzano, vi segnalo altre due commediole adattissime ad un intrattenimento serale da cervello semi-spento.


~ Sapori e dissapori ~ Interessante accoppiata: Catherine Zeta-Jones & Aaron Eckhart (che tra parentesi ho stra adorato nelle sue ultime interpretazioni: Sully e Bleed)
Commediola adatta un po' a tutti, innocua, ma ben fatta. Romantica e famigliare. Vedibile e godibile.
[La5 h 21.10]












~ Crazy stupid love ~ se siete di quelli che si sono innamorati della coppia Ryan Gosling & EmmaStone, intanto vi consiglio di ripigliarvi un attimo, poi potete recuperare anche questo filmettino in cui recitano assieme. Anche se io lo vedrei principalmente per Steve Carrell, un attore con la A maiuscola, ma non vi giudico, ognuno ha le sue priorità. XD
Fatto sta che questa è una commedia con qualche lato intelligente, ma pochi, non l'ho amata tanto... nonostante Steve Carrell. Però è vedibile.
[Italia 1 h 21.10]











 
In ogni caso, BUONA SERATA


martedì 21 marzo 2017

Consigli per la serata: rimarrete incollati allo schermo

~ Inside man ~
Se siete amanti di quei film tanto americani, con gli ostaggi, i negoziatori, i cattivi, i buoni... che spesso però sono scritti e diretti tutti allo stesso modo, allora questo film vi stupirà! Quel che si può definire un film d'autore travestito da tipico thriller con Denzel Washington.
Già dalla prima scena Spike Lee dimostra di non aver letto il manuale del bravo regista, sfonda la quarta parete e così, con lo sguardo magnetico di Clive Owen che guarda diritto in macchina, cattura subito lo spettatore e, vi assicuro, non lo lascia più andare fino alla fine del film!
Rete 4 h 21:15 ●


~ Le vite degli altri ~
Un altro film che decisamente non vi lascerà possibilità di distrarvi è questo. In seconda serata. Oscar per il miglior film straniero nel 2007.
Questo è un dramma in ambientazione storica. Ricrea perfettamente la sua ambientazione: Berlino est, qualche anno prima della caduta del muro. Protagonisti sono una spia della Stasi e la coppia di artisti che è incaricato di controllare.
Lui, un noto scrittore teatrale, si sente al sicuro e ha una verità scomoda da rivelare.
Il realismo e i dettagli dell'ambientazione, l'intensità della storia e i personaggi fanno di questo film un piccolo capolavoro.
Rai Movie h 23.10 ●

In ogni caso, BUONA SERATA

domenica 19 marzo 2017

Consigli per la serata: missioni spaziali e non

~ Gravity ~ 

 
Fantascienza secondo Alfonso Cuaron con tanta Sandra Bullocke un po' di George Clooney.
E' un film ambientato fuori dall'atmosfera terrestre, ma la storia è molto umana. C'è una mamma ferita, una donna che sopravvive con addosso la consapevolezza di non aver più nulla da perdere, che durante questa avventura fantascientifica riuscirà ad accettare che non è così e proteggerà la sua vita con forza.
Cuaron ci regala una rappresentazione dello spazio che comunica allo spettatore attraverso la perfetta orchestrazione di suono e immagine. Davvero da non perdere!
IRIS h 21:00



~ Mission ~


Candidato a sette premi oscar nell' '87 Mission è una visione abbastanza imprescindibile, non fosse altro che per conoscere l'origine del tema Gabriel's Oboe che tutti avrete sentito.
Gabriel (Jeremy Irons) è un missionario gesuita, metà del diciottesimo secolo, e grazie alla musica riesce a farsi ascoltare da una popolazione tribale, costruisce la sua missione accanto ad un insolito compagno (Robert de Niro), un assassino e schiavista alla disperata ricerca di sollievo dal peso delle sue colpe.
Ve lo dico: finisce malissimo.
Rai Storia h 21:10



Spanglish invece è una commedia dall'intento più che intelligente e interessante, ma risolto in maniera stupidella, peccato!
LA7D h 21:05 
 


Intervista col vampiro non l''ho ancora mai visto, ditemi voi!
Paramount Channel h 21:10




Australia è un insolito Baz Luhrmann, insolito perchè è un dramma romantico molto classico. Da vedere anche solo per Nicole Kidman e Hugh Jackman, che io non disdegno per nulla.
NOVE h 21:14



Insomma c'è ampia scelta... in ogni caso, BUONA SERATA


[TRA CINEMA E PITTURA] “Il deserto rosso”: Michelangelo Antonioni incontra Henri Matisse.


Salve a tutti e benvenuti in questo capitolo di "Tra Cinema e Pittura". 
Inizio ringraziando S a m per aver accettato questa collaborazione, nella speranza che il seguente articolo possa in qualche modo dare al blog un contenuto gradevole per i lettori, e magari qualche spunto di riflessione interessante. 

Ho necessità inoltre di introdurre - molto brevemente - il tipo di articolo in questione per chi non ne abbia mai sentito parlare: in "Tra Cinema e Pittura" metto a paragone scene/inquadrature/sequenze di film che prendono ispirazione da opere pittoriche(all'occorrenza scultoree) famose. L'obiettivo è innanzitutto quello di creare un "ponte" tra queste due forme d'arte che hanno molto in comune, e quello di far conoscere opere pittoriche a chi è appassionato di cinema(ovviamente anche far conoscere film a chi è appassionato di storia dell'arte) e di poter mettere in risalto aspetti delle due arti che, messe a paragone, possono rivelarsi ancora più interessanti.




"Il deserto rosso" è il primo film a colori di Michelangelo Antonioni. Il regista dunque decide di strutturare il film sfruttando i colori come veri e propri protagonisti della scena. 
Sono poche le personalità del mondo del cinema che hanno saputo realmente utilizzare il colore per quello che è, e non come semplice qualità di un oggetto. 

Un dato colore comincia ad esistere all'interno di un film laddove cessa di presentarsi come una pura e semplice "qualità del visibile" e si costituisce al contrario come qualità "tout court".


Antonioni gira dunque un film nella quale il protagonista è il "colore esposto", ovvero il colore che il film "estrapola" dall'oggetto. Esso diventa espressione dell'emotività, diventa un personaggio a tutti gli effetti, nel bene e nel male.

Autore: Henri Matisse
TitoloLa stanza rossa(o Armonia in rosso)
Data: 1908
UbicazioneMuseo statale Ermitage, San Pietroburgo
Tecnica: Olio su tela
Dimensioni: 180 x 220 cm

Chi più di Henri Matisse, maggior esponente dei "fauves", può essere accostato al concetto di "colore esposto"?

Il realismo non è di interesse del pittore, il cui unico obiettivo è quello di descrivere uno stato d'animo, abolendo quasi completamente la prospettiva e i piani verticali ed orizzontali attraverso l'uso di una grandissima quantità di rosso estremamente vivido.

Nota: il dipinto era stato inizialmente concepito come "Armonia in verde"(con conseguente fondo verde) e successivamente come "Armonia in azzurro". Matisse, ancora una volta non soddisfatto, decisa di iniziare da capo. Scelse il rosso.

La vastità dello sfondo che occupa gran parte della tela confonde lo spettatore dando l'illusione di un unico piano senza profondità, nel quale lo sguardo si perde tra le varie decorazioni che sono dislocate nell'intero dipinto come in un grande tappeto(non a caso i fauves, e Matisse in particolare, sono stati gli artisti che più hanno avuto a che fare con l'arte africana/persiana). 

Il soggetto di un quadro è il suo sfondo hanno lo stesso valore.


La confusione lascia spazio alla tranquillità nel momento in cui vengono accettati i presupposti anti-realisti del dipinto, che si trasforma in una grandissima suggestione, che porta ad una particolare calma e serenità della scena. Tutto ciò che vediamo infatti è predisposto per essere quanto più accogliente ed armonioso possibile("Armonia in rosso", appunto), e l'annullamento della profondità unito alla semplificazione del tratto(le linee sinuose delle decorazioni richiamano quelle degli alberi, del corpo della cameriera, per esempio) e del colore(puro, senza chiaroscuri e quasi totalmente facente parte delle tonalità vicine ai colori primari) dona al dipinto un'aria "domestica", calda e colloquiale.

Riporto ogni soggetto ai sentimenti umani.


Lo studio del colore come elemento espressivo e non qualitativo dell'oggetto vede in Matisse uno dei suoi più grandi realizzatori. Il suo processo di "semplificazione"(per comprendere meglio si dia un'occhiata alla successione dei seguenti 3 dipinti, rispettivamente degli anni 1894, 1899, 1905: "Donna che legge", "Natura morta con arance", "Donna con cappello") del tratto e di assolutizzazione del colore ha dato vita ad una vera e propria concezione del colore come veicolo di sensazioni. Un vero e proprio "sentimento dello spazio mediante il colore".


Sono anche convinto che il risultato migliore lo si ottiene se il pubblico non avverte più il colore come un fatto a sé stante, ma lo accetta come sostanza figurativa della vicenda stessa.


Partendo proprio da questa affermazione di Michelangelo Antonioni diventa chiaro come l'idea alla base del film sia quella di dare un'identità al colore come personaggio facente parte della scena. Il regista dedica completamente il suo film allo studio del colore, basti pensare che il titolo sarebbe dovuto essere, in un primo momento, "Celeste e verde".

Egli pensò ad una scena per la quale avrebbe fatto dipingere un lato intero di un bosco di bianco. Per vari problemi quali la posizione degli alberi rispetto al sole, la manodopera e i vari permessi, l'idea fu scartata.

L'inquadratura qua sopra è un rimando nettissimo all'opera di Matisse, la quale però non esprime gli stessi concetti del dipinto sopra analizzato nell'ambito della sola scena in cui è presente, ma racchiude in sé tutto il concetto di un intero film. In altre parole, questo frame non è altro che un marchio che, facendo eco allo stile e alle idee del pittore francese, sancisce e conferma allo stesso tempo l'intento primo della pellicola.

Al cambiare delle situazioni e degli stati d'animo dei protagonisti, la scenografia viene modellata per far si che tali cambiamenti non sembrino avvenire su di un palco teatrale, rimanendo sempre in linea con un'impostazione visiva prettamente cinematografica(emblematica la scena nella quale uno sfondo di colore rosso viene letteralmente distrutto dai personaggi. Tale atto è inserito in un momento di transizione dell'atmosfera e delle sensazioni dei personaggi che, sebbene nello stesso posto, portano il "palcoscenico" a cambiare colore, quindi aspetto in relazione ai loro stati d'animo).

Le associazioni colore-emozione non sono stereotipate nella pellicola, ed è lo spettatore ad associare, con diverse sfumature, delle sensazioni a ciò che vede. Ne risulta che il colore, entità a se stante, non può essere inscritto in delle classificazioni "standard", ma suggerisce diverse emozioni a seconda del fruitore. Proprio come il verde, poi l'azzurro, poi ancora il rosso, assumono significato di calma e tranquillità, così il rosso di Antonioni passa dalla lussuria, all'inquietudine, all'ilarità. 

Questa corrispondenza dunque non è solo un omaggio ad un grande artista che ha fatto la storia del '900 e che è stato essenziale per tutte le correnti di avanguardia, ma è un tributo al colore e alla sua rivalsa come essenza viva del processo artistico.  La consapevolezza di Antonioni delle sue capacità e delle potenzialità che il colore può avere nell'opera d'arte lo portano a costruire una storia che non può non tener conto del ruolo che esso ha nello sviluppo narrativo e del suo potere di espressione. Una consapevolezza che ha cambiato il modo di intendere il mezzo cinematografico.

Grande importanza in quest'opera ha avuto Carlo Di Palma, direttore della fotografia che ha lavorato con artisti come Bertolucci, Allen, Rossellini, Scola, Monicelli. 



Ringrazio nuovamente S a m per avermi dato la possibilità di scrivere questo articolo sul blog e vi invito dunque a dare un'occhiata a La tomba per le lucciole, nel quale potrete trovare articoli riguardanti Cinema, Videogiochi e Libri, nonché tutti gli altri episodi di "Tra Cinema e Pittura". Spero che l'articolo possa darvi qualche prospettiva diversa per la fruizione del film e che la rubrica sia stata di vostro interesse.




I colori, come i lineamenti, seguono i cambiamenti delle emozioni.  -Pablo Picasso.

Il colore è un potere che influenza direttamente l’anima.  -Vasilij Vasil'evič Kandinskij.

Il colore è un mezzo di esercitare sull'anima un'influenza diretta. Il colore è un tasto, l'occhio il martelletto che lo colpisce, l'anima lo strumento dalle mille corde.  -Vasilij Vasil'evič Kandinskij.

Il colore ci ha permesso di rendere la nostra emozione senza mescolare e senza reimpiegare i vecchi mezzi costrittivi.  -Henri Matisse.

sabato 18 marzo 2017

Kubo e la spada magica: contro i vuoti di memoria


Non battete ciglio, da ora!
Vi avverto...
Se dimenticate una parte del racconto,
anche solo per un istante,
il nostro eroe
di sicuro
perirà!”

Kubo e la spada magica aveva originariamente un titolo più coerente col suo contenuto, ossia Kubo and the two strings, due corde. Due corde molto particolari delle tre di un strumento musicale giapponese che era utilizzato in una cultura teatrale di cui io non so dirvi nulla perché sono ignorante.

 
Pizzicando le corde di questo strumento Kubo, un bambino senza un occhio, è capace di animare degli origami che lo aiutano a raccontare le sue storie in paese, ma è un cantastorie che non riesce mai a finire i suoi racconti.
Questo probabilmente perché nemmeno sua madre ci riesce, non può più raccontargli le storie della sua famiglia o le gesta di suo padre guerriero, perché è malata, o meglio provata, ci appare quasi come una donna stanca di vivere e invece è solo impossibilitata a ricordare la vita.
Purtroppo è proprio da quel ricordare che scaturisce la magia.
Ricordare è sapere chi siamo e sapere chi siamo è vita, è una cosa potente come una magia. 
 

Il ragazzo si troverà a dover affrontare i suoi nemici, il suo malvagio nonno e le sue zie, anche loro magici, che gli rubarono l'occhio quando era neonato e ora per qualche ragione vogliono l'altro. La storia assume allora la classica struttura archetipica del “viaggio dell'eroe”. Se è vero che di base la storia ha questo valore universale, i riferimenti culturali, i simbolismi, le tecniche narrative e l'ironia che si possono trovare in Kubo sono di origine mista, un incontro tra l'oriente e l'occidente.


Molto bello anche l'arrangiamento orientaleggiante interpretato da Regina Spektor di una già bellissima di suo “While my guitar gently weeps” (George Harrison) e il testo di questa canzone si incastra perfettamente con la sottotrama che corre attraverso questo film.

Sapevate che l'ispirazione per questa canzone venne ad Harrison leggendo un testo classico cinese? (che probabilmente sarebbe in tema, ma non vi dirò di più perché anche qui prevale l'ignoranza)
Sapevate che l'espressione gently weeps l'ha scelta aprendo a caso un libro?
Eppure, per quanto casuali le parole possano sembrare, sono il mezzo di chi racconta.

 
I look at you all see the love there that’s sleeping
While my guitar gently weeps
I look at the floor and I see it needs sweeping
Still my guitar gently weeps

vi guardo tutti, vedo l'amore là che sta dormendo
Mentre la mia chitarra piange dolcemente
Guardo il pavimento e vedo che ha bisogno d'essere spazzato
Ancora la mia chitarra piange dolcemente

I don’t know why nobody told you
How to unfold your love
I don’t know how someone controlled you
They bought and sold you

Non so perché nessuno ti abbia detto
di come rivelare il tuo amore
Non so come qualcuno ti abbia controllato
Ti hanno comprato e venduto

Kubo parla anche di educazione. Educazione intesa come tramandare memoria. Come parole che svelano qualcosa all'umano, racconti che svelano l'umano.

Il potere delle parole è grande, controllare il linguaggio è controllare il pensiero.

Perché nessuno ci ha spiegato come rivelare il nostro amore? (chiede George Harrison e chiedo anch'io)
Perché non discutere di come comunicare ciò che abbiamo dentro?
Se non lo faremo rimarrà un posto vuoto, giusto lo spazio che qualcuno riempirà con altre parole, con parole che possono controllarci, comprarci e venderci.

Io vedo, guardo tutti, mentre la mia chitarra piange dolcemente.
Ossia, mentre trascorro la mia vita, io posso vedere l'amore nascosto dentro ognuno, posso capire se una cosa è sporca, se il pavimento ha bisogno d'essere spazzato, allora come è possibile traviarci, corromperci, capovolgerci?

Basta pochissimo. Riempire i nostri spazi vuoti, i nostri vuoti di memoria, con parole corrotte, ambigue. Allora non vedremo più, potremmo non notar più nemmeno che il mondo gira.

I look at the world and I notice it’s turning
While my guitar gently weeps
With every mistake we must surely be learning
Still my guitar gently weeps

Guardo il mondo e noto che sta girando
Mentre la mia chitarra piange dolcemente
Da tutti gli errori staremo certamente imparare
Ancora la mia chitarra piange dolcemente

I don’t know how you were diverted
You were perverted too
I don’t know how you were inverted
No one alerted you

Non so come tu sia stato sviato
Sei stato anche traviato
Non so come tu sia stato capovolto
Nessuno ti ha avvisato

In definitiva il bene bisogna raccontarlo. Sempre. Ai figli, a quelli più piccoli di noi. 
Quando saremo noi ad averne bisogno i piccoli sapranno raccontarlo a loro volta, perchè saranno uomini.
Questo bene di cui parlo non è un invenzione, va tramandato, le corde da suonare sono le nostre radici, sono memoria, per questo sono più forti del male.

É vero che Kubo vuole raccontare tutto questo e dire di quanto siano importanti le storie, quelle che svelano il bene, l'amore, quelle che portano una memoria, ma è anche vero che questa è una sottotrama e salta fuori in maniera vagamente disordinata. Mentre il racconto principale scorre con un ritmo altalenante.
C'è qualcosa nella narrazione che la fa apparire come un po' sfilacciata, ma non sbagliata. Pensandoci credo che sia il fatto che gli antagonisti ci si presentino nelle loro vere motivazioni solo alla fine. Che il timore di Kubo di perdere anche l'altro occhio racchiuda anche un significato simbolico lo riusciamo a cogliere solo nel momento conclusivo.
Tra l'altro è un momento conclusivo atipico, in cui tutti sanno che cosa devono fare tranne te spettatore, che ci devi riflettere un attimo, inevitabilmente si alza il sopracciglio, pensi che sia un finale infantile, ma poi capisci che è l'unico sensato, capisci che non sta succedendo nulla di troppo strano rispetto a quanto detto dal film fino ad allora, stanno solo raccontando il bene al malvagio re Luna, stanno colmando i suoi vuoti di memoria che prima erano grumi di odio per la vita.

L'effetto complessivo del film è piacevolissimo, a me ha lasciato una sensazione di dolcezza inconsueta. Il fatto è che questo film è un ibrido colto: cerca di condensare insieme due culture di cinema d'animazione e se non ci riesce del tutto o non riesce ad essere proprio accessibilissimo è comunque un peccato veniale a mio avviso. Perché in realtà c'è molto nel calderone di Kubo, a tratti troppo e in un ordine un po' destabilizzante.
Ma è molto meglio lasciarsi destabilizzare ogni tanto, piuttosto che essere irretiti dalla solita melodia.

In ogni caso c'è un aspetto sul quale saremo tutti d'accordo. 
L'animazione di questo film è davvero spettacolare, una combinazione perfetta di tecnologia digitale e animazione stop-motion.

Ormai abbiamo tutti presente quali meraviglie possa fare la computer grafica nel creare personaggi e paesaggi dei film d'animazione, ma i protagonisti e le ambientazioni di Kubo non sono ricostruiti in digitale, sono stati fabbricati artigianalmente e ripresi con la tecnica dello stop-motion per creare il movimento e l'azione. E che azione, in questo caso!
Da pazzi il lavoro che deve esserci stato dietro. Impressionanti le soluzioni robotiche (si dice così?) che sono state escogitate per le complicate scene d'azione con certi personaggi anche molto grandi.
Ammetto di non avere mai visto altri film della Laika, ma in questo vi ho percepito un controllo che mi ha davvero colpita. Sarà colpa del mio essere neofita del genere, ma io dico chapeau!

Questi per farvi un'idea:


 

sabato 11 marzo 2017

Due parole su Jackie di Pablo Larraín

Jackie è indubbiamente un bel film.
Anche se può sembrare che gli manchi qualcosa. Ripensando ai vari momenti del film ho capito che contiene più cose di quelle che si riescono a cogliere durante la visione, ma vi dirò quella che è stata la mia percezione.

Racconta principalmente, con inquadratura stretta sulla first lady, i momenti e poi i giorni che succedettero l'assassinio dell'allora presidente degli Stati Uniti JFK, fino al suo funerale. É il novembre del 1963.

Ogni elemento del film ha una precisa collocazione, e questo è perfettamente percepibile se mettiamo a confronto la resa narrativa delle immagini, con la loro effettiva semplice composizione, quasi statica. Luci, sfondi, simmetrie, colori, riflessi, è tutto volto a rendere eloquente, e in amniera solenne, quel particolare momento del racconto.

Protagonista indiscusso in Jackie è il volto della First Lady, come a sottolineare che questo film vuole essere un ritratto. Un viso su di un quadro che con sapienza d'artista, con piccoli dettagli o con un'ombra quasi invisibile su un angolo della bocca, può alludere ai moti dell'animo umano.
Jackie è proprio questo. 
 
A supportare il tutto una Natalie Portman nascosta dietro una fedele riproduzione della vera Jackie e persino della sua strana parlata.
Il ritratto che Larraìn, il regista, ne tira fuori non è di facile lettura. 

Disperata, shoccata dall'accaduto, eppure così consapevole del suo status, che non può e non vuole abbandonare.

"Io non fumo" dice la vedova al giornalista, mentre tiene tra le dita l'ennesima sigaretta.

Ha quasi due volti


Uno è quello di quando non vuole togliere il completo sporco di sangue, perché la gente veda “quello che gli hanno fatto”, l'altro quello di quando finalmente, sfila le calze insanguinate con le mani che le tremano, sola nella sua camera da letto.
Ma è un attimo. I due volti si confondono continuamente. In fin dei conti anche la casa in cui si trova è “del popolo”. 
 
Jackie cerca di dare ad un tragico evento un senso, ma prima di tutto deve dargli un senso storico, un senso mediatico, un senso che rimanga a segno eterno per il popolo americano. Il fatto che lei desideri solo la morte è un altro discorso. O forse è lo stesso, forse nell'esporsi pubblicamente sperava di fare la stessa fine del marito. Tutto si confonde.

In ogni caso, una settimana dopo la morte del marito, Jackie rilascia un'intervista, blindatissima, in cui riferisce che prima di andare a dormire suo marito amava ascoltare dischi e che il finale del musical Camelot era il suo pezzo preferito. 
 
Finale atto politico della ex First Lady.

Those are the legal laws.
The snow may never slush upon the hillside.
By nine p.m. the moonlight must appear.
In short, there's simply not
A more congenial spot
For happily-ever-aftering than here
In Camelot.

Camelot: un regno immaginifico, ma idilliaco, dove i politici siedono ad una tavola rotonda. Nella cultura popolare degli Stati Uniti Camelot venne poi accostato alla presidenza Kennedy.

Così l'uomo diventa leggenda.

Per cui cosa manca a questo film?
Quello che manca in ogni ritratto, uno contesto che non sia un semplice sfondo, ma soprattutto mancano le reazioni dei destinatari del ritratto.

Che non sono realmente assenti.
Li intravediamo riflessi sul finestrino della macchina da cui Jackie guarda. O in quelle vetrine di negozi d'abbigliamento, in cui imperversano completi simili a quelli indossati dalla moglie del presidente.


Ma c'è da dire che forse questo non basta a coinvolgere appieno lo spettatore.
Jackie non è riuscito a convincermi del tutto, molto semplicemente mi è sembrato che mi mancassero delle informazioni. Paradosso per questo film in cui nessun segno è casuale. Eppure...

In fin dei conti non è una cosa grave, un film che ti lascia il desiderio di conoscere altro a riguardo, è meglio di uno che millanta di averti detto tutto il possibile!