“Non
battete ciglio, da ora!
Vi
avverto...
Se
dimenticate una parte del racconto,
anche
solo per un istante,
il
nostro eroe
di
sicuro
perirà!”
Kubo
e la spada magica aveva originariamente un titolo più
coerente col suo contenuto, ossia Kubo and the two strings, due
corde. Due corde molto particolari delle tre di un strumento
musicale giapponese che era utilizzato in una cultura teatrale di
cui io non so dirvi nulla perché sono ignorante.
Pizzicando
le corde di questo strumento Kubo, un bambino senza un occhio, è
capace di animare degli origami che lo aiutano a raccontare le
sue storie in paese, ma è un cantastorie che
non riesce mai a finire i suoi racconti.
Questo
probabilmente perché nemmeno sua madre ci riesce, non può più
raccontargli le storie della sua famiglia o le gesta di suo padre
guerriero, perché è malata, o meglio provata, ci appare quasi come
una donna stanca di vivere e invece è solo impossibilitata a
ricordare la vita.
Purtroppo
è proprio da quel ricordare che scaturisce la magia.
Ricordare
è sapere chi siamo e sapere chi siamo è vita, è una cosa potente
come una magia.
Il
ragazzo si troverà a dover affrontare i suoi nemici, il suo
malvagio nonno e le sue zie, anche loro magici, che gli rubarono
l'occhio quando era neonato e ora per qualche ragione vogliono
l'altro. La storia assume allora la classica struttura archetipica
del “viaggio dell'eroe”. Se è vero che di base la storia
ha questo valore universale, i riferimenti
culturali, i simbolismi, le tecniche narrative e
l'ironia che si possono trovare in Kubo sono di
origine mista, un incontro tra l'oriente e l'occidente.
Molto
bello anche l'arrangiamento orientaleggiante interpretato da Regina
Spektor di una già bellissima di suo “While my guitar
gently weeps” (George Harrison) e il testo di questa canzone si
incastra perfettamente con la sottotrama che corre attraverso
questo film.
Sapevate
che l'ispirazione per questa canzone venne ad Harrison leggendo un
testo classico cinese? (che probabilmente sarebbe in tema, ma non vi
dirò di più perché anche qui prevale l'ignoranza)
Sapevate
che l'espressione gently weeps l'ha scelta aprendo a caso un
libro?
Eppure, per quanto casuali le parole possano sembrare, sono il mezzo di chi racconta.
I
look at you all see the love there that’s sleeping
While my guitar gently weeps
I look at the floor and I see it needs sweeping
Still my guitar gently weeps
While my guitar gently weeps
I look at the floor and I see it needs sweeping
Still my guitar gently weeps
vi
guardo tutti, vedo l'amore là che sta dormendo
Mentre
la mia chitarra piange dolcemente
Guardo
il pavimento e vedo che ha bisogno d'essere spazzato
Ancora
la mia chitarra piange dolcemente
I
don’t know why nobody told you
How to unfold your love
I don’t know how someone controlled you
They bought and sold you
How to unfold your love
I don’t know how someone controlled you
They bought and sold you
Non
so perché nessuno ti abbia detto
di
come rivelare il tuo amore
Non
so come qualcuno ti abbia controllato
Ti
hanno comprato e venduto
Kubo
parla anche di educazione. Educazione intesa come tramandare
memoria. Come parole che svelano qualcosa all'umano, racconti
che svelano l'umano.
Il
potere delle parole è grande, controllare il linguaggio
è controllare il pensiero.
Perché
nessuno ci ha spiegato come rivelare il nostro amore? (chiede George
Harrison e chiedo anch'io)
Perché
non discutere di come comunicare ciò che abbiamo dentro?
Se
non lo faremo rimarrà un posto vuoto, giusto lo spazio che
qualcuno riempirà con altre parole, con parole che possono
controllarci, comprarci e venderci.
Io
vedo, guardo tutti, mentre la mia chitarra piange dolcemente.
Ossia,
mentre trascorro la mia vita, io posso vedere l'amore nascosto
dentro ognuno, posso capire se una cosa è sporca, se il
pavimento ha bisogno d'essere spazzato, allora come è possibile
traviarci, corromperci, capovolgerci?
Basta
pochissimo. Riempire i nostri spazi vuoti, i nostri vuoti di
memoria, con parole corrotte, ambigue. Allora non vedremo più,
potremmo non notar più nemmeno che il mondo gira.
I
look at the world and I notice it’s turning
While my guitar gently weeps
With every mistake we must surely be learning
Still my guitar gently weeps
While my guitar gently weeps
With every mistake we must surely be learning
Still my guitar gently weeps
Guardo
il mondo e noto che sta girando
Mentre
la mia chitarra piange dolcemente
Da
tutti gli errori staremo certamente imparare
Ancora
la mia chitarra piange dolcemente
I
don’t know how you were diverted
You were perverted too
I don’t know how you were inverted
No one alerted you
You were perverted too
I don’t know how you were inverted
No one alerted you
Non
so come tu sia stato sviato
Sei
stato anche traviato
Non
so come tu sia stato capovolto
Nessuno
ti ha avvisato
In definitiva il
bene bisogna raccontarlo. Sempre. Ai figli, a quelli più piccoli
di noi.
Quando saremo noi ad averne bisogno i piccoli sapranno
raccontarlo a loro volta, perchè saranno uomini.
Questo bene di cui parlo non è un invenzione, va tramandato, le corde da suonare sono le nostre radici, sono memoria, per questo sono più forti del male.
É
vero che Kubo vuole raccontare tutto questo e dire di quanto
siano importanti le storie, quelle che svelano il bene,
l'amore, quelle che portano una memoria, ma è anche vero che questa
è una sottotrama e salta fuori in maniera vagamente disordinata.
Mentre il racconto principale scorre con un ritmo altalenante.
C'è
qualcosa nella narrazione che la fa apparire come un po'
sfilacciata, ma non sbagliata. Pensandoci credo che sia il
fatto che gli antagonisti ci si presentino nelle loro vere
motivazioni solo alla fine. Che il timore di Kubo di perdere
anche l'altro occhio racchiuda anche un significato simbolico lo
riusciamo a cogliere solo nel momento conclusivo.
Tra
l'altro è un momento conclusivo atipico, in cui tutti sanno
che cosa devono fare tranne te spettatore, che ci devi riflettere un
attimo, inevitabilmente si alza il sopracciglio, pensi che sia un
finale infantile, ma poi capisci che è l'unico sensato, capisci che
non sta succedendo nulla di troppo strano rispetto a quanto detto dal
film fino ad allora, stanno solo raccontando il bene al malvagio re
Luna, stanno colmando i suoi vuoti di memoria che prima erano grumi di odio per la vita.
L'effetto
complessivo del film è piacevolissimo, a me ha lasciato una
sensazione di dolcezza inconsueta. Il fatto è che questo film è un
ibrido colto: cerca di condensare insieme due culture di
cinema d'animazione e se non ci riesce del tutto o non riesce ad
essere proprio accessibilissimo è comunque un peccato veniale a mio
avviso. Perché in realtà c'è molto nel calderone di Kubo, a
tratti troppo e in un ordine un po' destabilizzante.
Ma
è molto meglio lasciarsi destabilizzare ogni tanto, piuttosto che
essere irretiti dalla solita melodia.
In
ogni caso c'è un aspetto sul quale saremo tutti d'accordo.
L'animazione di questo film è davvero spettacolare, una combinazione perfetta di tecnologia digitale e animazione stop-motion.
Ormai
abbiamo tutti presente quali meraviglie possa fare la computer
grafica nel creare personaggi e paesaggi dei film
d'animazione, ma i protagonisti e le ambientazioni di Kubo non
sono ricostruiti in digitale, sono stati fabbricati artigianalmente e
ripresi con la tecnica dello stop-motion per creare il
movimento e l'azione. E che azione, in questo caso!
Da
pazzi il lavoro che deve esserci stato dietro. Impressionanti le
soluzioni robotiche (si dice così?) che
sono state escogitate per le complicate scene d'azione con certi
personaggi anche molto grandi.
Ammetto
di non avere mai visto altri film della Laika, ma in questo vi
ho percepito un controllo che mi ha davvero colpita. Sarà
colpa del mio essere neofita del genere, ma io dico chapeau!
Questi per farvi un'idea:
è stato molto sottovalutato. E sì ha problemi nel ritmo, o forse come dici tu bastava tagliarlo più breve, ma c'è della roba bellissima in questo film! ;)
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