Crash
Produzione USA|2004
Regia e soggetto Paul Haggis
Sceneggiatura Paul Haggis|Bobby Moresco
Montaggio Hughes Winborne
Musiche Mark Isham
Con Don Cheadle|Matt Dillon|Sandra Bullock|Brendan Fraser|Ryan Phillippe|Thandie Newton|Terrence Howard
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In una città vera si cammina. Sfiori gli altri passanti, sbatti contro la gente... Qui a Los Angeles non c'è contatto fisico con nessuno: stiamo tutti dietro vetro e metallo. Il contatto ci manca talmente che ci schiantiamo contro gli altri solo per sentirne la presenza."Crash - Contatto fisico, miglior film agli Oscar 2006, inizia con questa frase, stralcio di un dialogo di due detective che sono appena rimasti coinvolti in un tamponamento con la loro auto. Alla suddetta affermazione l'interlocutore ipotizza giustamente che sia stata la botta violenta alla testa a parlare e poi si alza ed esce dal veicolo per andare a litigare con l'altra autista, che riteneva responsabile dell'incidente. É l'azione che dà avvio al film.
Questo è il primo crash e il resto della narrazione è un susseguirsi e intrecciarsi di contatti fisici estremi e scontri per poi chiudersi in maniera circolare tornando alla scena iniziale.
Difficile spiegare questo soggetto ideato e sceneggiato da Paul Haggis (anche sceneggiatore di Million dollar baby). É un film che parla di contatto umano, di come questo ci spaventi, della paura dell'altro.
Dice anche di come l'essere ciecamente legati ad una convinzione, per quanto giusta, può portarci all'agire con cieco pregiudizio anche, crudele ironia, se questa convinzione è quella di non avere preconcetto alcuno.
Perché la verità è che tutti abbiamo paura, a volte abbiamo paura persino di chi amiamo. Per cui non abbiamo tanto bisogno di giuste convinzioni, quanto di una sola buona regola: il prossimo è da amare, non da odiare e da amare prima col cuore, non con il corpo. Non è solo fisico il contatto che ci manca. La fisicità viene dopo ed esprime qualcosa che nasce altrove. Questo lo leggiamo in quei contatti che non sono degli scontri, dei crash, ma sono delle relazioni.
La società che ci mostra Haggis, quella di Los Angeles, è fatta di individui incapaci di far entrare l'altro all'interno del proprio mondo. Ma così è in buona parte del globo. Ne sono complici le metropoli e le città, le televisioni, le classi sociali, i partiti. Tutto questo alimenta le nostre paure e la nostra insicurezza.
Risuona spesso tra i dialoghi del film la parola razzismo, ma non è quella il centro della questione, perché dire che l'essere umano è razzista non è esplicativo: l'essere umano finisce per odiare per tanti motivi, l'etnia spesso centra poco, anche se è frequentemente un pretesto.
Questa è la triste scoperta che fanno i personaggi di questo gomitolo di storie.
Per paura a volte non abbiamo altra scelta se non diffidare e a forza di farlo se ne esce disperati e rabbiosi, pronti a tutto, anche a ingiustificate vendette.
Per paura a volte non abbiamo altra scelta se non cercare di essere accettati e così diventiamo schiavi di chi ha molto potere e pochi valori.
Per paura a volte non abbiamo altra scelta se non chiuderci in noi stessi e così facendo confiniamo sentimenti che sono destinati a crescere e a prendere il sopravvento.
Siamo tutti dei discriminati quando veniamo divisi in categorie, quando la società ci chiede qualcosa in cambio della nostra “integrazione”. Ciò che è davvero discriminato è il valore della vita, il valore singolare di ogni vita. La difesa di questa grande categoria basterebbe a combattere tutte le discriminazioni del mondo, eppure noi continuiamo a chiamarlo razzismo.
Questo film è molto diverso dagli altri che trattano tematiche simili proprio perché non cerca di definire una discriminazione in particolare, creando ulteriori divisioni, parla di comportamenti umani e lascia un piccolo messaggio di speranza e insieme una triste denuncia. Ha la visione, appena accennata, ma assai presente, di un'umanità che, nonostante tutto, può riscattarsi. Ogni uomo può mettersi davanti ad uno specchio prima che la sorte lo obblighi a farlo con prepotenza, accorgersi di chi è e vivere quella vita come preziosa e unica e così essere capaci di accogliere anche le vite degli altri.
Triste è invece leggere in questa storia di come gli umani affinino sempre meglio i propri mezzi per distruggersi a vicenda. I mezzi sono sempre più subdoli, sempre più vicini a quel 1984 di Orwell dove anche il linguaggio diventava arma di assoggettamento.
Non l'ho mai visto, lo conosco solo di fama perché, a quanto pare, soffiò immeritatamente la statuetta al film di Ang Lee.
RispondiEliminaProvvederò a recuperarlo.
io non la trovo una vittoria immeritata nemmeno nei confronti di Brokeback Mountain, parlano entrambi di violenza e odio, ma questo lo fa in un modo che ha qualcosa di diverso che trovo molto apprezzabile... il fatto di non cercare di definire il razzismo per poterlo condannare, ma di dire che c'è una paura che diventa odio che è dentro ognuno di noi. Razzismo resta solo una parola, un concetto coi quali alcuni personaggi devono fare i conti e che crea ulteriori conflitti.
EliminaIo amo alla follia Heath Ledger e tutti i film in cui ha recitato, ma obiettivamente non mi sento di dire che Crash abbia rubato l'Oscar a Brokeback Mountain. Io lo trovo un film eccellente soprattutto per quanto riguarda la sceneggiatura che trovo ben curata e articolata. Raramente se ne trovano in giro di film del genere soprattutto nell'ultimo decennio. Concordo assolutamente quindi con la tua votazione Sam!
RispondiEliminaTi faccio i complimenti per il blog e spero ti faccia piacere sapere che ti ho nominato nel tag Liebster Blog Award. Spero che tu voglia partecipare a questa iniziativa molto carina tra blogger! Trovi tutto spiegato qui: http://sofasophiablog.blogspot.it/2015/04/liebster-blog-award.html
A presto! :)
Grazie per i complimenti e grazie per la nomina! Passerò a vedere di che si tratta :)
EliminaE' pasato un pezzo da quando (per la seconda volta) ho visto questo bellissimo film. Ricordo però come la sceneggiatura fosse splendidamente orchestrata, con le storie che, partendo da punti lontani, convergevano e si incastravano tra loro man mano che la pellicola avanzava. Un grandioso esempio di cinema tecnico, unito ad eguale delicatezza e profondità nel trattare un tema così scottante e cocciutamente attuale.
RispondiEliminaComplimenti anche a te per la bella analisi :)
Grazie!
EliminaTema sempre attuale e difficile da raccontare in maniera lucida :)