Regia e sceneggiatura Richard Glatzer|Wash Westmoreland
Soggetto Lisa Genova
Con Julianne Moore|Kristen Stewart|Alec Baldwin|Kate Bosworth|Hunter Parrish
Alice è una professoressa e studiosa molto ricercata. Si occupa di linguistica e ha compiuto ricerche importanti che presenta a convegni e conferenze.
Il giorno del suo cinquantesimo compleanno, in un ristorante lussuoso, attorniata dalla sua famiglia, è una donna realizzata e felice. Sembra che ci sia un'unica macchia, un'unica preoccupazione, nella sua storia familiare e lavorativa. Alice infatti ha una bella carriera, un marito amorevole, una figlia laureata, sposata e speranzosa di avere un bambino, un figlio in procinto di diventare medico, ma è la figlia minore a darle qualche pensiero, ostinandosi nel non voler fare il college per inseguire il suo sogno di diventare attrice.
Un incipit che abbiamo già sentito? Certo e ora, se questo è il film drammatico che dice di essere, qualcosa di brutto arriverà a turbare la quiete e la felicità di questa signora. Ebbene qualcosa in arrivo effettivamente c'è, perché Alice comincia ad avere dei sintomi fastidiosi e preoccupanti. Recandosi da uno specialista riceve una tragica notizia che le sconvolgerà l'esistenza: si tratta di alzheimer precoce e per di più genetico, trasmesso da un padre che era morto troppo presto e troppo alcolizzato per saperlo.Il film racconta il terribilmente rapido procedere di questo incubo. Prima ti sfugge una parola, poi tutte le parole diventano inafferrabili, una frase letta è subito sparita, infine i volti delle persone diventano volti di estranei e non c'è viso caro che possa essere risparmiato, nemmeno volendolo davvero.
Still Alice è tratto dal romanzo omonimo, distribuito in Italia col titolo Perdersi, scritto nel 2007 da una neuropsichiatra americana, Lisa Genova. Il racconto, sul piano della narrazione, procede per luoghi comuni, situazioni già viste fin troppe volte nei film di questo genere: la figlia ribelle con la quale la madre stenta ad avere un dialogo e il loro riavvicinamento nel momento della malattia, un marito che la ama, ma non sa farlo fino in fondo, la casa in riva al mare piena di ricordi importanti, il grande discorso commovente e pieno di consapevolezza della protagonista a metà film, e un finale vagamente sospeso. Per questo motivo, purtroppo, come film non riesce a comunicare molto, a parte l’ovvia commozione dovuta al tema trattato, non è necessario dirlo.
Intorno ad Alice ci sono i familiari, che ci vengono presentati ma restano delle apparizioni fugaci e, probabilmente, sviluppando di più questi personaggi secondari il film avrebbe dialogato meglio con lo spettatore. Anzi alcune di queste brevi comparse fanno addirittura arrabbiare per la leggerezza con la quale buttano lì possibili approfondimenti di questa storia senza sfruttarli.
Tuttavia non gli possiamo negare alcuni meriti. Julianne Moore ci regala un'interpretazione fresca, mai sopra le righe o banale, non vuole solamente vendere un dolore come invece fa, ingenuamente, la trama del film. Il racconto della malattia in sé è ben fatto, l'Alzheimer viene narrato in maniera semplice, assolutamente adatta ad un film, senza inutili eccessi o la ricerca del momento strappalacrime a tutti i costi.
Anche questa volta, mi vien da proporre una riflessione musicale (cliccaci!). Quando non c'è più CURA, rimane l’AVERE CURA.
Forse questo possiamo leggerlo anche tra le righe della pellicola in una figlia che abbandona il suo sogno, silenziosamente, e si dedica alla sua mamma, nella sua casa. Sua madre è ancora Alice e la ragazza sembra averlo capito. Pare aver vinto solo lei contro una malattia che, ancor più che togliere al malato la possibilità di riconoscere i suoi cari, sfida i suoi cari a riconoscere nel malato una mamma, una sorella, un fratello. . .
Ma la forza del film viene meno se diventa necessario riraccontarselo a fine visione. Non avrebbero fatto male meno sottintesi fugaci e un bel messaggio forte e chiaro.
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