martedì 15 novembre 2016

THE BOX (2009)

TRAMA- Una coppia riceve a casa una scatola con un pulsante rosso e un uomo dal volto sfigurato, il signor Steward, gli fa un'inquietante offerta a riguardo; premere il pulsante e ricevere un lauto premio in denaro con conseguenza la morte di una persona che non conoscono o non premerlo rinunciando così alla ricompensa e risparmiando lo sconosciuto.
Cosa saremmo disposti a lasciar capitare a qualcuno che non conosciamo per il bene di qualcuno che conosciamo? E a qualcuno che conosciamo o a noi stessi per il bene di qualcuno che amiamo? E le conseguenze?

The Box è tratto da un racconto di Richard Matheson (Button, Button) adattato per lo schermo e diretto da Richard Kelly, autore dell'acclamato Donnie Darko.
Il racconto Button, Button si chiede che tipo di male saremmo disposti a consentire per un interesse personale, in particolare un interesse economico. Probabilmente non sarebbe così difficile permettere la morte di qualcuno che non conosciamo in cambio di denaro se si trattasse semplicemente di premere un bottone.
Un male che non conosciamo, a cui non assistiamo e che non abbiamo causato direttamente con le nostre mani può non toccarci, può non interessarci. In effetti è così.
Se ci pensassimo, uscendo dalla metafora, ci verrebbero in mente molti pulsanti che vengono quotidianamente lasciati davanti alla nostra porta d'ingresso e che premiamo senza troppe remore.
Però dopo aver fatto questa grigia ma realistica considerazione sulla facilità di pigiare un bottone Matheson ti mette in guardia: arriva il momento in cui il male che non conosci diventa il male che conosci, e lo avrai permesso tu.
Quest'idea di partenza nel lungometraggio diventa poi quasi completamente qualcos'altro e nella parte centrale fiorisce di molteplici e confusi dettagli sfociando in un viaggio onirico e surreale.
In una prima analisi è decisamente quello il difetto principale del film, ma a mio avviso c'è un'attenuante: la messa in scena, pur se alquanto inconcludente sul piano logico, è decisamente attraente.
Il rientro a casa del marito attraverso la bara d'acqua è assurdo e incomprensibile, ma non si può dire che non sia una scena tesa, ben riuscita e di un certo fascino.
Per cui non penso che con uno sviluppo di trama più aderente ad un filo logico il film sarebbe stato tanto migliore. Anzi direi che il momento che avrebbero dovuto evitare sia proprio quello in cui sembrano voler dare una spiegazione conclusiva a qualcosa che fino a quel momento è un fitto mistero di cui vediamo semplicemente le conseguenze sui protagonisti e potrebbe tranquillamente rimanere tale fino alla fine del film.
Mi riferisco in particolare al momento in cui il signor Steward fa una sorta di "spiegone", ma anche a tutti gli altri momenti in cui lo vediamo ad una ben definita postazione di lavoro e non più sbucante dal nulla, perchè tutto ciò fa sospettare allo spettatore che ci sia una qualche conclusione logica a cui giungere. Se così fosse sarebbe da ritenersi una sceneggiatura al quanto pretenziosa.
Tolti questi momenti e lasciata a chi guarda la piena responsabilità delle proprie elucubrazioni, avrei potuto concedere a The box anche qualcosa in più di un risicato sei e mezzo. Infatti il film mi ha affascinato molto nel suo complesso, ma dando il giusto peso al mix di dettagli sempre in bilico tra lo spirituale, il fantascientifico e il surreale e soprattutto agli ingenui tentativi di giungere ad una conclusione ragionevole devo decisamente togliergli qualche punto.

2 commenti:

  1. Indubbiamente affascinante, sul piano tecnico Kelly ci sa fare. Molto meno in fase di scrittura, un po' come succedeva per "Donnie Darko". Credo che questo regista sia semplicemente uno che 'la sa raccontare'.
    Anche perché il racconto di sua maestà Matheson con solo quindici pagine sapeva davvero inquietare, qui imbastiscono un gran casino che non porta a quasi nulla...

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    1. Assolutamente a nulla! ;) Però non dico mai di no ad un film così affascinante

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