martedì 17 marzo 2015

Monsieur Lazhar

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Produzione Canada|2011Regia e sceneggiatura Philippe FalardeauSoggetto Évelyne de la Chenelière (piéce teatrale Bashir Lazhar)Con Fellag|Sophie Nélisse|Emilien Néron|Danielle Proulx|Brigitte Poupart
 
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Ho visto questo film che davano stasera sul canale LaEffe. Mi ha incuriosita il tema, perché parlava di educazione, tra le altre cose. Di recente ne ho parlato nell'articolo su Whiplash (clicca per leggerlo).

Il film racconta dell'esperienza di Bashir Lazhar, immigrato algerino, che si ritrova a dover prendere il posto, in una scuola di Montreal, di un'insegnate che si è tolta la vita in classe mentre i ragazzi erano in cortile a giocare. Vicenda terribile, che spero non sia mai accaduta nella realtà e che mai debba accadere, ma comunque è emblematica di una situazione in cui in una classe di dodicenni aleggi la necessità di parlare di argomenti molto spinosi, in questo caso la morte e il suicidio. Questo per far partire il racconto. Tuttavia io penso che non sia necessario scomodare una vicenda di tale retaggio, perché vedo con i miei occhi che tutti i giorni, in qualsiasi classe, ci sarebbe la necessità di parlare e anche di parlare di argomenti spinosi. Per parlare intendo farli parlare, fare in modo che il loro dolore, anche se piccolo o banale per noi, non resti confinato tra i loro pensieri più profondi.Tornando alla trama, Bashir Lazhar nasconde a sua volta un grande dolore e sta anche affrontando un difficile calvario legale per ottenere lo status di rifugiato politico. Nonostante tutto prende a cuore la classe che gli è affidata e cerca, senza fretta e senza gesti eclatanti, di spezzare il nodo di inquietudine che impedisce ai ragazzi di sfogarsi liberamente.Il film è tutto sommato, molto meno pesante di quello che suggerirebbe la sua sinossi, infatti è molto semplice e procede pacatamente, l'interpretazione del protagonista aggiunge ulteriore quiete. Il personaggio di Lazhar rappresenta una figura di insegnate abbastanza interessante, un insegnante premuroso, pronto a farsi delle domande, a imparare dagli altri. Pronto a raccogliere ogni parola dei ragazzi. Pur guardando con la stessa attenzione ad ognuno dei suoi studenti, ha un allievo prediletto, perché è umano, ma sa che questo non deve creare discordie o ingiustizie e lui continua ad avere gli occhi fissi su tutti.I ragazzi della classe di Lazhar sono, per esperienza, un po' diversi da come sono nella realtà i ragazzini di undici/dodici anni, almeno quelli italiani. Sono tutta un'altra storia, questi sembravano molto più piccoli. Una visione poco obiettiva o poco attuale.Lo svolgimento della storia è in verità molto semplice, quasi banale, a dispetto di un personaggio principale interessante, un contesto altrettanto stimolante e una vicenda iniziale macabra e ardita che faceva pensare a chissà quali risvolti.Altro punto dolente del film è la fine: (SPOILER) il professore ha svolto il suo dovere, rasserenando gli animi turbati dei ragazzi, ma è poi costretto a lasciarli per via del suo stato di rifugiato, allora legge ai ragazzi un racconto scritto da lui, metaforico, col quale vuole lasciargli un ultimo insegnamento. L'ho trovato un po' troppo retorico e inefficace. 
(FINE SPOILER)
Nel complesso non è una visione spiacevole proprio per il suo carattere pacato, ma non soddisfa appieno.
Resta interessante come pellicola per un dibattito sul tema dell'educazione a scuola, perché gli spunti di riflessione dai quali partire ci sono, dalla relazione dei genitori con gli insegnati alle domande: l'insegnante di scuola deve porsi anche come educatore? Lo è a prescindere? Deve limitarsi alla materia d'insegnamento?
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2 commenti:

  1. peccato non averlo visto ieri sera... ma lo rintraccerò questa settimana perché anche a me incuriosiva parecchio

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    1. Ciao! Abbastanza interessante sì, non è il top, ma è buono! :)

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