Produzione
USA|2015
Regia
Robert Zemeckis
Soggetto
Toccare le nuvole fra le Twin Towers. I miei ricordi di
funambolo (To Reach the Clouds), libro di Philippe Petit
Sceneggiatura
Robert Zemeckis|Christopher Browne
Fotografia
Dariusz Wolski
Musiche
Alan Silvestri
Con
Joseph Gordon-Levitt|Ben
Kingsley|Charlotte Le
Bon|Clément
Sibomy|César
Domboy|James Badge
Dale
Un
filo sottile separa passione e ossessione, arte
e follia, ed è proprio su di un filo, ma teso sul
vuoto, che cammina Philippe Petit, funambolo francese.
Però
lui non è un funambolo qualunque e lo dimostra la sua peculiare
abitudine di organizzare a sorpresa camminate sul filo illegali
lasciandosi attrarre di volta in volta dai più improbabili
palcoscenici.
Il
6 agosto del 1974 Petit, nottetempo, tese un cavo tra le Twin
Towers di New York e al sorgere del giorno intraprese la
passeggiata proibita che aveva rappresentato il suo sogno più grande
fin da quando da ragazzino aveva letto della futura costruzione di
quegli sproporzionati edifici.
The
walk racconta questa
strana storia e lo script è tratto dal libro di memorie scritto
dallo stesso Petit: Toccare le nuvole tra le Twin Towers.
Francamente
camminare sul filo non l'ho mai trovata un'attività particolarmente
spettacolare o affascinante. Pensavo che forse fosse una di quelle
cose più interessanti per chi la fa che per chi la guarda. Ma non
conoscevo questa storia, non conoscevo Philippe Petit né qualsiasi
altro funambolo, al limite avevo presente gli hippy che ci si
cimentavano più o meno pateticamente tra due alberi al parco, che
qualcuno avesse addirittura pensato di farlo tra le Twin Towers mi
giungeva proprio nuova (anche se in realtà James Marsh ne aveva
addirittura fatto un documentario premiato agli Oscar nel 2009. Lo
recupererò).
Fatto
sta che l'entrata in scena di queste due torri alte più di
400 metri ha cambiato decisamente il mio punto di vista e poi ho
pensato che se Robert Zemeckis,
lui che è complice di alcuni dei miei film preferiti,
aveva deciso di portare questa storia sul grande schermo qualcosa di
spettacolare ci doveva pur essere o, in caso contrario, ce lo avrebbe
senz'altro messo lui. Infatti di questo film tutto si può dire, ma
non che manchi di spettacolo.
The
walk mi è piaciuto molto e più ci rimugino sopra e più mi è
piaciuto.
Zemeckis,
che ne è regista e co-sceneggiatore, dirige e racconta questo fatto
realmente accaduto e questo insolito personaggio come fosse una
favola, con tono consapevole e incantato. E una favola è solo
un modo di raccontare in fondo, Bennato diceva che è vera soltanto a
metà, però è vera. Come è vera e sincera un'esibizione, o come lo
è uno spettacolo. Ed è bello che anche di questo si parli in The
walk. Quello di Philippe
Petit, seppur illegale e rischiosissimo, era pur sempre uno
spettacolo. Philippe deve imparare cosa voglia dire esibirsi,
deve imparare che senza il pubblico non c'è spettacolo, che
esprimere onestamente la propria gratitudine agli spettatori è
parte fondamentale del gioco, non solo, se la performance è sincera
il ringraziamento sgorga spontaneo insieme al desiderio di guardare
negli occhi coloro che stai raggiungendo col tuo fare.
Di
tutti i personaggi che in questo film sono ben caratterizzati
e ben interpretati, sempre nello stile naif che lo contraddistingue,
ho adorato Jeff, che nonostante impersoni tutte le paure e
insicurezze che non permetterebbero a Philippe di realizzare il
suo sogno è il personaggio che gli sta più vicino e sarà una
presenza essenziale. D'altronde la paura esiste,
bisogna solo fare in modo che ci sia d'aiuto e mai d'intralcio, e
questo dipende da noi e un po' anche da chi ci chiede una mano a
realizzare i propri sogni.
Bellissime
tutte le sequenze del finale.
Prima
Petit e Jeff sono nascosti sotto un telo di plastica seduti su di una
putrella coi piedi a penzoloni in cima alla
tromba di un ascensore. E sono una manciata di minuti di soli
sguardi e gesti. Jeff ha una paura maledetta, soffre di
vertigini, ma il folle funambolo ferma la sua mano che trema,
Jeff poi vede il suo piede sanguinare e glielo indica, ma il matto
Philippe gli fa segno di tacere. Ho letto in un'intervista al vero
Petit che questa è una delle poche cose che non sono del tutto
sovrapponibili alla realtà, il suo piede non sanguinava più, e
c'era scritto che quando Petit lo ha fatto notare a Zemeckis lui gli
ha risposto di non preoccuparsi, che è la magia del cinema.
Ho idea che Zemeckis la pensi come Bennato sulle favole e io ne sono
molto grata. É la magia del cinema.
Una
volta usciti dal loro nascondiglio il lavoro per sistemare il filo
sarà frenetico, Petit ci mette tutto sé stesso, fino a rendersi
ridicolo. Poi fa il primo passo su quel cavo finalmente
pronto, dopo una notte intera di imprevisti e probabilità, e tutto
cambia, cambia la paura, cambia il panorama, cambia il
ritmo del film e la camminata sul filo avviene. È tutto
quello che doveva essere, è una sequenza davvero calibrata
benissimo e ti porta nel vuoto insieme al folle funambolo e
allo stesso tempo ti porta lontano, con la testa a cercare il
tuo palcoscenico, un palco che possa essere impossibile e
importante come quello, ma tuo.
Questa
storia è assurda, ma forse tutti dovremmo fare qualche passeggiata
sul vuoto di tanto in tanto, dovremmo smetterla di lasciare che le
nostre gambe comincino a tremare perché abbiamo perso la
concentrazione su quell'unica cosa che c'è da fare: mettere un passo
davanti all'altro finché non si raggiunge l'altro capo del filo,
concentrati fino all'ultimo centimetro, e nel mentre godersi le
nuvole, godersi il vuoto, godersi l'adrenalina.
Questo
era il sogno di Petit.
Anche Zemeckis realizza un sogno altamente
rischioso e a mio avviso, come Petit, ne esce vittorioso.
D'altronde
le Torri Gemelle non ci sono più, d'altronde questa storia non aveva
nulla di tradizionale, nulla di semplice.
Questo
film è sincero, trasmette amore per l'arte di fare spettacolo
restando sempre in bilico tra maestria e follia.
C'è
chi ne ha visto anche un aspetto
fortemente socio-politico. Quelle torri hanno una storia
difficile, una storia che il mondo conosce. Dal mio punto di vista
invece The walk non è tanto di più di quello che appare. C'è
qualche malinconico tributo a quegli edifici e a ciò che
rappresentavano, ma non è di loro che si parla e nemmeno di
americani. É uno spettacolo.
In ultimo aggiungo che guardando questo film non ho rivalutato solo l'arte dei funamboli,
bensì anche quella di Joseph Gordon-Levitt (ne sarà felice!).
Devo ammetterlo, a volte lo avevo trovato tremendamente insipido, ma
con questa interpretazione mi sono convinta ad eliminare ogni pregiudizio su di lui definitivamente. Vedremo come se la caverà in
futuro.
Il
mio voto è 9-, non è che non abbia difetti, ma a me è piaciuto
particolarmente, l'ho trovato molto sentito!
Zemeckis lo porto nel cuore grazie a Ritorno al Futuro, ma ultimamente non mi entusiasma più di tanto (anche il suo ultimo lavoro, Flight, mi aveva lasciato un po' perplesso). Però di questo The Walk ne stanno parlando bene praticamente tutti.
RispondiEliminaFlight non l'ho visto... ma se c'è una storia un po' sognante Zemeckis sa come metterla in scena! Questa per me lo è :)
Eliminaeh sì che lo è! ;)
RispondiEliminaCome sai, io sono uno di quelli che ci hanno visto un aspetto fortemente socio-politico :) :) ma è risaputo che sono fissato! :)
RispondiEliminaScherzi a parte, a me due cose in particolare hanno colpito del film: primo, la sequenza in cui Petit si sdraia sul filo e guarda il cielo. Io l'ho interpretata come simbolo dell'orgoglio di un paese, l'America, che rivendica il diritto di guardare il proprio cielo senza paura e senza minacce (chiaro riferimento all' 11/9). E poi tutta la parte, lunghissima, girata dentro la torre per la preparazione al colpo... e nulla mi toglie dalla testa che Zemeckis abbia voluto rappresentare il germe dell'insicurezza di un popolo che aveva il nemico in casa propria, al proprio interno, e segretamente si insinuava per turbare i loro sogni. Ovviamente il nemico non è Petit, ma il fatto che Petit riesca a introdursi così facilmente dentro la torre e operi dall'interno per mettere nel sacco la vigilanza, a me è parsa una chiara metafora di una nazione che si credeva invincibile e invece vede sgretolarsi le proprie certezze.
Ad ogni modo, quando un film ti spinge a queste riflessioni vuol dire che è fatto proprio bene...
Certo, che sia fatto bene è piuttosto oggettivo, la lettura allegorica un po' meno ;) ma devo ammettere che i tuoi esempi hanno un senso. Solo che per me se uno avesse voluto parlare di quello non avrebbe scelto petit come personaggio, che anche se centra con le torri, non centra con l'attentato. :)
EliminaAddirittura 9-? Se molto in controtendenza rispetto ad altri blogger che seguo, mi fa piacere questa cosa e un po' riaccende le mie speranze! :)
RispondiEliminaametto che a mente fredda mi abbasserei almeno di un voto, ma non di più! L'ultima parte è davvero da maestri e insieme alla prima il tutto diventa un bellissimo elogio all'arte di fare spettacolo. :)
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